sabato 26 ottobre 2013

L’avvocato, l’ADR e la “nuova” mediazione (Decreto del Fare n. 69/2013).

Se, prima del Decreto del Fare, il ruolo dell’avvocato che affianca la parte in mediazione era importante, ora, alla luce delle novità in materia, si può dire che sia divenuto fondamentale.
Le nuove disposizioni valorizzano infatti l’apporto dell’avvocato in mediazione sia con l’obbligo di assistenza tecnica che con l’apposizione della firma in calce all’accordo di conciliazione ai fini dell’esecutività.
Da sempre, il buon andamento della mediazione dipende in gran parte dalla preparazione del cliente effettuata dal legale e, perché ciò avvenga, occorre che l’avvocato conosca questo strumento e sappia come utilizzarlo al meglio.
E’ infatti l’avvocato a dover spiegare al suo assistito la natura della mediazione e i vantaggi ad essa collegati, a dover valutare se la mediazione sia la strada migliore da seguire per risolvere la controversia (valutazione, oggi, ancora più rilevante dal momento che l’”obbligatorietà” è limitata al primo incontro),  a proporre al cliente un determinato Organismo di Mediazione, ora anche territorialmente competente.
Nella prassi poi l’avvocato assiste – e ancor di più assisterà – la parte sin dal momento della presentazione dell’istanza di mediazione o di adesione alla procedura, mentre durante gli incontri avvocato e assistito contribuiscono, in modo diverso ma interdipendente, alla buona riuscita della mediazione: gli avvocati in quanto esperti del procedimento di mediazione e delle norme applicabili alla fattispecie, i clienti perché a conoscenza delle circostanze di fatto e delle questioni sostanziali sottese alla controversia.
Determinante è poi il ruolo dell’avvocato nella fase finale della mediazione, con riferimento sia alla scelta di chiudere la procedura con esito negativo (dovendo valutare con il proprio assistito se vi siano maggiori possibilità di ottenere un migliore risultato continuando la mediazione o agendo giudizialmente), sia alla redazione dell’accordo conciliativo, momento in cui il legale è tenuto oggi non solo al controllo della puntuale attuazione degli accordi raggiunti, ma anche alla certificazione della loro conformità all’ordine pubblico e alle norme imperative al fine di generare con la sua firma un titolo esecutivo.
Previsione, quest’ultima, grandemente innovativa che crea una nuova competenza in capo all’avvocato, senza aggiungere granché,  in punto responsabilità, rispetto alla consulenza prestata per la redazione dell’accordo conciliativo.
Alla luce delle modifiche legislative deve quindi ritenersi potenziata una nuova professionalità, quella dell’avvocato esperto in mediazione che sa come ottimizzare la gestione negoziale della controversia in tale sede.
Grazie a tale professionalità l’avvocato riesce a sfruttare al meglio, nell’interesse del proprio assistito, le potenzialità che la mediazione offre in un contesto che per le sue caratteristiche -quali il ruolo del mediatore, la presenza personale delle parti e la riservatezza- garantisce esiti favorevoli, anche dal punto di vista della qualità degli accordi raggiunti.
Diventa ancora più urgente pertanto l’impegno della categoria ad approfondire le tematiche inerenti la mediazione e i prossimi quattro anni serviranno a capire se quest’opportunità verrà colta, laddove è evidente che l’avvocatura, quale filtro di accesso alla giustizia, potrebbe divenire il volano per un efficace e proficuo sviluppo della mediazione.
Bisogna operare una sana e moderna amministrazione della giustizia, nel cui ambito la mediazione non deve più avere un ruolo residuale.

Tutti i professionisti dovrebbero riconoscersi nella promozione della mediazione, della negoziazione e delle soluzioni consensuali.

L’avvocato dovrebbe riconoscere che la risoluzione consensuale ed autonoma di una controversia, attraverso un’attività di mediazione o di negoziazione diretta tra le parti, assistite dagli avvocati, costituisce un metodo di risoluzione del contenzioso efficace, rapido ed economico, ove sia favorita la piena consapevolezza delle parti con riguardo ai propri diritti ed alle diverse prospettive di tutela.

Nell’esercizio della propria attività di consulenza e assistenza, l’avvocato si deve impegnare a promuovere e proporre la negoziazione e la mediazione come primo approccio alla risoluzione della controversia, avendo riguardo all’interesse primario del cliente ed alla natura della stessa controversia.

Prima di introdurre un giudizio, l’avvocato si deve impegnare concretamente a valutare, prospettare e discutere con il cliente la possibile apertura di una trattativa con la controparte sulla soluzione della controversia e, ove tale via non fosse percorribile, la possibile attivazione di un procedimento di mediazione. L’avvocato e il cliente devono comprendere che la mediazione presenta un rilevante valore aggiunto, derivante dalla presenza del terzo e dall’efficacia del suo intervento, che può risultare determinante rispetto alla semplice negoziazione diretta tra le parti, sia pure assistite dagli avvocati.

Ove il cliente sia stato convocato in mediazione o comunque invitato a trattare la soluzione di una controversia, l’avvocato si deve impegnare a valutare attentamente con il cliente stesso l’opportunità di aderire all’invito, rispondendo comunque alla controparte e motivando l’eventuale diniego.

Ove l’avvocato ritenga che la determinazione del cliente ad attivare un giudizio o a resistere in un giudizio da altri attivato, integri le fattispecie di cui al primo comma dell’art. 96 c.p.c., è tenuto ad informare il cliente stesso sulle possibili conseguenze, eventualmente rinunciando al mandato ove la mala fede o la colpa grave del proprio cliente esponga lo stesso avvocato a possibili violazioni della legge professionale o del codice deontologico. In ogni caso, l’avvocato si deve impegnare a richiamare l’attenzione del proprio cliente sulla necessaria diligenza nel valutare l’attivazione o la resistenza in giudizio, fornendo le opportune informazioni con riguardo alle prospettive prevedibili di fondatezza o meno dell’azione.

L’assistenza dell’avvocato in sede di mediazione o di negoziazione diretta tra le parti in lite, deve costituire un fondamentale presidio di tutela del diritto della parte, assicurando quella piena consapevolezza del cliente che consente una libertà di scelta in sede di composizione consensuale del contenzioso. L’attività di assistenza stragiudiziale svolta dall’avvocato deve essere correttamente remunerata, anche in relazione al vantaggio conseguito dal cliente in termini di rapidità di risoluzione della controversia, soprattutto in caso di esito positivo. È dovere dell’avvocato prospettare un preventivo del proprio compenso, evidenziando e distinguendo la prestazione di assistenza in sede di mediazione o negoziazione assistita, oltre che per la redazione dell’eventuale accordo, nonché il risparmio in termini di attività successive evitate.

Nel rapporto con il collega di controparte, in sede di mediazione, di negoziazione o di qualsiasi altra trattativa, l’avvocato è tenuto a prestare la massima collaborazione in funzione della possibile risoluzione consensuale della controversia, in ogni caso tenuto conto dell’interesse primario del cliente e della natura della controversia.

Il ruolo di assistenza e consulenza svolto dall’avvocato, così come la funzione dell’avvocatura nel suo complesso, deve contribuire a sensibilizzare e responsabilizzare le parti con riguardo ad un utilizzo consapevole e non abusivo della giurisdizione, favorendo il ricorso ai metodi consensuali stragiudiziali, ove questi siano ritenuti appropriati alla risoluzione del caso concreto ed all’interesse primario delle parti.

L’avvocato che vuol proporsi alla propria clientela per una peculiare attitudine alla risoluzione negoziale delle controversie ed alla assistenza in sede di mediazione deve curare la propria formazione sulla normativa e sulla giurisprudenza di riferimento, sulla pratica e sulle tecniche di mediazione e negoziazione, nonché sulle principali componenti comunicazionali, emotive e psicologiche che afferiscono al contenzioso in genere. Resta fermo il dovere di competenza sulla singola materia oggetto di controversia.

venerdì 7 giugno 2013

L'ufficio legale in outsourcing

Nel mondo attuale degli affari il servizio di assistenza e consulenza legale alle imprese è divenuto ormai fondamentale.


Un’attenta gestione dell’impresa infatti, grazie all’assistenza di un legale specializzato, permette di prevenire il rischio del contenzioso, con conseguente risparmio di tempi e risorse.

Oggi, uno Studio Legale d’affari deve sperimentare un nuovo servizio particolarmente vantaggioso per le aziende e cioè quello dell’Ufficio Legale in Outsourcing.

Se finora solo le grandi multinazionali potevano permettersi un ufficio legale, oggi è la volta delle PMI, sempre più impegnate a districarsi tra il proliferarsi incessante di nuove normative. Tutte le imprese sanno che una cattiva transazione è meglio (nella maggior parte dei casi) di una vittoria in sede giudiziaria.

Sanno anche che potrebbero evitare molti problemi se avessero l'accortezza di chiedere lumi ad un professionista quando sorge un dubbio. Purtroppo accade, spesso, che si debbano prendere in tempi brevi decisioni su aspetti che solo apparentemente appaiono irrilevanti. E così  succede spesso che le liti giudiziarie sono conseguenza di piccole sfumature, di particolari considerati irrilevanti. Quante liti si potrebbero evitare sottoponendo di volta in volta atti e negozi ad un professionista esperto?

Normalmente avere un ufficio legale interno comporterebbe dei costi insostenibili per una piccola o media impresa, ecco dunque l'innovazione costituita dall'Ufficio Legale in outsourcing.

Si condivide l'avvocato con altre aziende, come d'altra parte avviene oggi con il commercialista.

Quando c'è un problema o un dubbio si chiama lo Studio Legale e si consulta l'avvocato attraverso un canale dedicato.

Il “sevizio di outsourcing” di uno Studio Legale d’affari  è uno strumento manageriale, di carattere tattico e strategico, che consente all'azienda di liberarsi di alcune funzioni di supporto per puntare sulle attività in cui l'azienda si sente più forte: è questo in sostanza il motivo principale, affiancato a quello della riduzione dei costi, che induce un numero sempre maggiore di imprese a ricorrere all'outsourcing.    

Delegare a professionisti esterni la gestione di attività considerate non strategiche per le imprese costituisce l'unica via concretamente praticabile per raggiungere l'obiettivo di concentrarsi sul core business, obiettivo che oggi è imposto dai mercati.

I vantaggi dell'Outsourcing e l'approccio dello Studio Legale d’affari


La terziarizzazione della funzione legale, dicevamo, consente all'impresa:


  • Di concentrarsi sul "core business" dal momento che diminuisce il numero di attività da lei direttamente gestite; evitando di dover investire in attività secondarie che oltretutto, per raggiungere livelli di competitività assoluta, necessiterebbero di investimenti ingenti, comunque non giustificabili da risultati proporzionalmente adeguati;
  • Di ridurre i costi, perché l'impresa si affida ad un partner specializzato che ha come business principale l'attività che l'impresa esternalizza;
  • Di trasformare i costi fissi in costi variabili, dato che i costi del personale e delle attrezzature (ammortamenti) coinvolte sono sostenuti dall'operatore esterno;
  • Di avere maggiore flessibilità, ossia una maggiore capacità di far fronte ad improvvise variazioni di processi di business, in quanto il provider, grazie alla propria organizzazione specifica, è in grado di compensare i picchi di un cliente con altri a stagionalità contraria;
  • Di migliorare il livello di servizio grazie all'utilizzo di operatori specializzati;
  • Di valorizzare il personale, in quanto non più impegnato in lavori di routine, può concentrarsi maggiormente sugli aspetti focali della sua attività, migliorando ragionevolmente la professionalità;
  • Di migliorare la qualità dei servizi offerti e dei prodotti forniti, in quanto la professionalità specifica del provider, garantita da assicurazioni sul rischio professionale,  consente di assicurare standard qualitativi elevati.

La decisione se realizzare o meno un programma di Outsourcing non deve fermarsi, tuttavia, all'esame dei potenziali benefici connessi a tale scelta, ma comporta un'attenta analisi delle implicazioni gestionali ed organizzative che ne discendono.

Lo Studio Legale d’affari assiste l'azienda a gestire il cambiamento organizzativo durante il periodo di transizione: sono infatti molteplici i casi in cui importanti innovazioni organizzative, introdotte in azienda tramite degli ambiziosi progetti di cambiamento, si sono poi rivelate un insuccesso a causa sia delle forti resistenze interne, sia delle incapacità di creare il consenso tramite un attivo coinvolgimento di tutta la struttura aziendale.

Durante questa fase di transizione, infatti,  risulta critico il modo in cui vengono rilasciate le informazioni in merito alle decisioni prese al vertice dell'azienda; la comunicazione di eventuali cambiamento non ancora sicuri potrebbe creare un clima di instabilità che andrebbe a scapito della produttività dell'azienda.
Le decisioni di outsourcing presuppongono inoltre un cambiamento di tipo culturale: diventa indispensabile saper riconoscere al fornitore il ruolo di partner, il che comporta non solo mettere in comune le capacità complementari di ciascuna delle parti (cooperazione), ma stabilire anche un rapporto fiduciario basato sulla buona fede e sul rispetto reciproco.

L'impresa cliente può essere affiancata dallo Studio Legale d’affari in molte decisioni che possono apparire di natura strettamente commerciale, ma che dietro nascondono esposizioni legali e possono tramutarsi in danni economici per l'azienda.

Un'impresa non ha bisogno del legale per affrontare una causa anzi, si potrebbe dire l'esatto contrario; l'impresa ha bisogno di un “legal manager” che le fornisca la “consulenza legale specifica” proprio per evitare di iniziare cause.

Si parla di “legale” in quanto vi è la necessità di un professionista che studi il caso, rilasci pareri e difenda i diritti dell'impresa anche eventualmente in sede giudiziaria.

Altresì deve essere un “manager” perché deve fornire in maniera tempestiva, liberando così da tale onere l'impresa, quelle indicazioni opportune per favorire il  regolare prosieguo dell’attività del cliente.

In sostanza, con la sottoscrizione di un “contratto di consulenza legale continuativa” lo Studio Legale d’affari diventa per l’impresa, un costante e quotidiano punto si riferimento circa la gestione delle questioni di carattere legale.

Questo differenzia lo Studio Legale d’affari da altri Studi tradizionali che esprimono la propria professionalità principalmente nel difendere, dinanzi al giudice, diritti dei propri clienti quando il problema è già sorto e necessitano, ovviamente, di tutela.

Infine, per chiarire alcuni dubbi riguardo della “consulenza legale continuativa” si riportano qui di seguito alcune delle domande più frequenti che, preliminarmente alla sottoscrizione del contratto, sono state poste all’avvocato:

1) E' possibile avere una consulenza annuale con lo Studio Legale d’affari che ha sede ad esempio a Bari se la mia azienda ha sede a Lecce?

Certo è possibile.

L’attività viene prestata prevalentemente (l’impresa cliente può in qualsiasi momento contattarci per ricevere consigli e/o pareri legali personalizzati) tramite e-mail, fax e telefono, e anche mediante incontri periodici in casi di situazioni urgenti e se accordati nel contratto presso la sede del cliente.

Più propriamente, a scelta del cliente il “parere legale” potrà essere reso:

  1. PER VIA TELEMATICA: inviato esclusivamente via e-mail e/o fax all’indirizzo di posta elettronica e/o numero telefonico indicato dal cliente;

  1. PER VIA TELEFONICA: attraverso chiamata al numero indicato dal cliente.

2) In che cosa consiste la consulenza legale continuativa per un'impresa?

La consulenza legale continuativa è un “contratto” (annuale, biennale, triennale etc.) tra l'impresa-cliente e lo Studio Legale d’affari che alla sua scadenza potrà essere rinnovato per mutuo consenso delle parti.

In virtù di detto contratto l'impresa può contattare, in qualsiasi momento, lo Studio per ottenere consigli e/o pareri legali (per via telematica o per via telefonica) in materia di diritto civile, di diritto commerciale e societario, di diritto del lavoro e ADR.

Per di più con la sottoscrizione del contratto di consulenza lo Studio Legale d’affari qualora l'impresa-cliente abbia ulteriormente bisogno di atti “diversi” da quelli aventi natura stragiudiziale e purché strettamente dipendenti dal “mandato” ratificato, fornirà tutte le informazioni utili circa la complessità dell'incarico e suggerirà la strada da seguire.

Inoltre lo Studio Legale d’affari, al fine di agevolare l'impresa-cliente in una decisione riguardante l'attività di quest'ultima, fornisce ad essa vantaggi e rischi sulla questione.

3) Diverse buone ragioni per sottoscrivere un contratto di consulenza legale:

·         per non dovervi più chiedere: si può fare?

·         per avere un esperto che vi dica se avete ragione o torto;

·         per decidere se vale la pena fare una causa;

·         per non essere colti impreparati da vertenze o altre raccomandate che piombino in azienda;

·         per avere il Vs. consulente legale 24 ore su 24 che vi segue costantemente ed eviti, per quanto possibile, il ricorso a procedure giudiziarie;

·         per sapere quanto costa prima di pagare;

·         perché una raccomandata tecnica ha sempre il suo peso;

·         perché in ultima analisi prevenire è meglio.

 

4) Ma se sottoscriviamo un contratto di consulenza legale continuativa poi si resta legati al vincolo per quanto tempo?

L'impresa cliente resta vincolata al contratto solo per la durata dello stesso.

Se il contratto è annuale una volta scaduto il termine se l'impresa-cliente non vuole rinnovare il contratto è libera da ogni sorta di vincolo.

Lo stesso dicasi in caso di sottoscrizione di contratto biennale o pluriennale.

 

sabato 25 maggio 2013

I Cyberlawyers e il blog


Molti giuristi ormai, anche in Italia, fanno i conti con la rete. E fanno bene. Fra poco tempo, nessun giurista potrà fare a meno di essere un Cyberlawyer; nel senso di giurista in grado di utilizzare gli strumenti informatici nel proprio lavoro e in grado di conoscere la problematica circa l'uso delle nuove tecnologie in tutti gli aspetti della vita reale.

"Il Cyberlawyer deve avere una buona preparazione di base interdisciplinare in materia di diritto contrattuale, societario, industriale, tutela della privacy e sicurezza informatica, tutela dei consumatori, diritto delle comunicazioni, diritto internazionale privato e arbitrale. Questa formazione interdisciplinare di base deve, però, essere integrata da aree disciplinari ad elevata specializzazione. Una specializzazione nella specializzazione, se mi si consente il bisticcio di parole. Così il Cyberlawyer potrà prediligere lo studio e la consulenza relativa agli aspetti negoziali - conclusione del contratto online e firma digitale - oppure quella relativa agli aspetti societari e concorrenziali, agli aspetti tributari o ancora a quelli amministrativi del diritto delle comunicazioni.

Deve ovviamente conoscere molto bene la lingua della rete - ossia l'inglese - e conoscere almeno una seconda lingua straniera oltre ad avere passione per le nuove tecnologie e dimestichezza nella navigazione e nell'utilizzo degli strumenti di ricerca online".

Lo studio legale deve diventare, anche, virtuale. In Italia il fenomeno degli avvocati che offrono consulenze e servizi online è oramai una realtà consolidata e che, nonostante qualche polemica, continua a crescere, raggiungendo migliaia di clienti. La tendenza più recente per chi sceglie di offrire la consulenza legale via web è rappresentata dai social network, a partire da Twitter. Ma a fare la parte del leone è ancora il classico portale web (sono delle bellissime vetrine dove si trova la descrizione dello studio, i curricula di coloro che ne fanno parte, la clientela più prestigiosa; ci saranno delle sezioni dedicate ad approfondimenti dei vari rami del diritto; non mancheranno le utilità, come il calcolo del codice fiscale o degli interessi legali).

Le materie coperte sono diverse, dal diritto penale a quello di famiglia, e in rete non manca chi assicura servizi stragiudiziali, come la redazione di contratti o testamenti. Anche le tecniche di consulto vanno via via raffinandosi, in modo da andare in contro alle esigenze del cliente: alla vecchia e-mail adesso molti affiancano la videoconferenza. La vera forza sta però sempre nella velocità garantita per la risposta, nella possibilità di raggiungere un numero significativo di clienti in tempi ristretti e, soprattutto, nelle tariffe altamente competitive.

Io ritengo, al contrario, che la scelta più giusta sia la creazione di un blog almeno se si vuole avere molto traffico.

Infatti, la struttura dei blog presenta una peculiarità: attraverso un processo interno, denominato ping, automaticamente gli articoli vengono indicizzati sui motori di ricerca.

Già questo fa sì che un blog, rispetto ad un sito, si posizioni molto meglio, ed in modo naturale.

A questo, poi, si aggiungono altri accorgimenti, che consentono di ottenere posizioni  veramente ragguardevoli.

Un sito non gode di questi vantaggi. Per consentirgli di guadagnare i primi posti sui motori di ricerca, ed innanzi tutto su Google, occorre conoscere alcune tecniche specifiche di SEO (acronimo che sta per Search Engine Optimization – ottimizzazione per i motori di ricerca).

Di solito, un professionista non ha il tempo da dedicare all’approfondimento di questi concetti, spesso complessi. E deve pagare qualcuno che ottimizzi il sito al posto suo.

Un’alternativa è quella di pagare un servizio di Google, Adwords. Questo ti consente di apparire in posizione privilegiata nei risultati delle ricerche, sotto la denominazione di link sponsorizzati, come nell’esempio qui sotto. I risultati “a pagamento” sono quelli che compaiono sotto la dicitura “Link sponsorizzati“, e che si trovano incolonnati a destra, e, a volte, in cima.

Ma per avere questo servizio, bisogna pagare. E spesso il gioco non vale la candela: in uno dei prossimi post ti spiegherò dettagliatamente il perchè; ti dirò, inoltre, i pochissimi casi in cui è utile ricorrere a questo servizio, e come fare per pagarlo il meno possibile. Inoltre, quando si smette di fruire del servizio, il sito sparisce dai risultati delle ricerche. O, almeno, sparisce da quella posizione di evidenza di cui aveva goduto, per andarsi a posizionare in altre pagine.

Quindi non ha senso posizionarsi in una pagina che non sia, al massimo, la seconda. E farlo con un sito è impegnativo e costoso; farlo con un blog è semplice e gratuito (a patto di conoscere come farlo).

- Se si vuole un sito degno di questo nome, che non abbia un aspetto artigianale e naïf, occorre pagare cifre elevate.

- Il sito-vetrina non consente al professionista di mostrare tutta la sua competenza. E’ vero, ci sono le sezioni dedicate agli argomenti trattati dallo studio legale, ma la lettura delle informazioni che vi sono contenute non basta a rassicurare l’utente. Potrebbero essere state prese, così come sono, da un manuale di diritto.

- Il sito è piuttosto statico, anche se gli aggiormanenti sono frequenti. Questo non piace ai motori di ricerca, e sono necessarie tecniche di indicizzazione piuttosto raffinate; oppure, garantirsi la presenza su Google pagando il servizio di Google Adwords.

- Il sito non permette di interagire con i potenziali clienti. Ci sarà un modulo per i contatti, o un indirizzo e-mail, ma questo consente di instaurare un rapporto “a due” che si esaurisce velocemente, senza apportare alcun contributo per gli altri utenti che visitano il sito.

I vantaggi del blog

Sono almeno otto. Eccoli:

- Un blog, a differenza di un sito, è facile da realizzare, e chiunque può farlo. Basta seguire passo passo istruzioni agevolmente reperibili, senza avere nessuna conoscenza del linguaggio HTML.

- Esistono centinaia, se non migliaia, di vesti grafiche accattivanti per personalizzare il proprio blog.

- Il blog è dinamico. E’ possibile, in pochissimo tempo, aggiornarlo quotidianamente, pubblicando sempre nuovi articoli.

- Il blog consente un dialogo aperto e continuo con la potenziale utenza, grazie al meccanismo dei commenti.

- La possibilità di pubblicare uno o più articoli al giorno, insieme al dialogo che si instaura con i lettori, permette al professionista di farsi conoscere ed apprezzare, di diventare un punto di riferimento per un determinato argomento.

- I blog, per la loro struttura dinamica, sono molto apprezzati dai motori di ricerca, primo tra tutti Google. Quindi, avere un blog , aggiornarlo quotidianamente e seguire alcuni piccoli accorgimenti (che potrai trovare su questo blog), aiuta ad ottenere ottime posizioni nelle ricerche da parte dei potenziali utenti, e quindi a farsi conoscere.

- La strategia dell’article marketing, che si utilizza proprio per diffondere in modo virale i contenuti di un blog (e che ti spiegherò nei prossimi post), consente di far pubblicare i propri articoli su tanti altri siti, e quindi di acquisire notorietà su un certo argomento.

- Il blog può essere collegato, con alcuni accorgimenti, a Facebook ed a Twitter, e così diffondere ulteriormente l’immagine e la popolarità del professionista.

Meglio, quindi, un blog.

giovedì 23 maggio 2013

L'avvocatura oggi e la figura dell'avvocato d'affari.

Premesso che attualmente il problema dell’inserimento dei neoavvocati nel mondo del lavoro è dovuto, almeno in parte, ad una preparazione non in linea con le richieste di mercato e che la professione dell'avvocato è molto cambiata negli anni, oggi, l’avvocato, è anche quello che non entra mai in un tribunale e che passa le sue giornate davanti al computer ad esaminare dati e documenti per dare pareri e consigli ad aziende o imprenditori.
Non esistono quasi più i “principi del foro” che fanno arringhe memorabili di fronte a giudici attenti in aule eleganti.
Ad esempio vi è "l'avvocato d’affari" che è oramai considerata una figura professionale ben distinta da quella dell’avvocato “tradizionale”, seppur una sua definizione non è semplice, né condivisa.
Regna infatti ancora un certo grado di incertezza e confusione tra gli stessi professionisti interessati, ciascuno dei quali tende a fornire una propria nozione, non tanto per la propensione verso una personale idea di avvocatura d’affari, quanto per l’esperienza da ciascuno vissuta, il momento storico in cui la stessa è maturata e la tipologia e/o dimensione dei propri clienti (e dei rispettivi affari).
Ma la difficoltà definitoria dell’Avvocato d’affari non può essere liquidata come una questione del tutto minore e superflua: una conoscenza precisa di questa professione è indispensabile per chi, specie tra i più giovani, deve compiere una scelta di indirizzo professionale (o di specializzazione), ma anche per chi, pur esercitandola magari da qualche tempo, deve poterne riconoscerne distintamente i caratteri per migliorare alcune “sfumature di colore” del proprio quotidiano lavoro.
Come è stato autorevolmente sottolineato, l’elemento caratterizzante l’essenza della nozione di avvocatura d’affari sembra potersi far consistere nella rottura delle definizioni tradizionali di avvocatura.

In effetti, l’Avvocato d’affari può presentarsi come quel professionista la cui pratica non ha a che fare con le cancellerie e gli uffici giudiziari, non riguarda il contenzioso e quindi non include tipicamente la scrittura di atti giudiziari o l’applicazione della procedura (civile o penale) che è, invece, il pane quotidiano dell’avvocatura più tradizionale.
__Glossario__

L'Avvocato d'Affari è un esperto nel settore del diritto societario e della contrattualistica nazionale e internazionale, con una visione generale delle problematiche di natura legale.
L'attività dell'Avvocato si può svolgere sia rappresentando il cliente in giudizio, sia al di fuori dell'ambito giudiziale (attività di redazione dei contratti, consulenze legali, transazioni volte a prevenire il giudizio vero e proprio).
Il settore societario vede il professionista affiancarsi all'imprenditore, divenendone un indispensabile supporto tecnico-giuridico. Nel mondo attuale degli affari l'attività di consulenza è divenuta ormai fondamentale; un'attenta gestione dell'impresa infatti, grazie all'assistenza di un legale specializzato, permette di evitare l'insorgere di eventuali controversie e dunque che le liti approdino in sede processuale, con conseguente risparmio di tempi e risorse.


L'attività di un Avvocato d'Affari può declinarsi in vari ambiti:


  • Area contrattuale - riguarda la stipula e l'applicazione di accordi tra parti, a livello nazionale o internazionale. Le aree di attività possono riguardare la creazione di accordi, la loro interpretazione o la recessione da un contratto;
  • Diritto societario comprendente tematiche di governo societario, di diritto dei mercati finanziari, di finanza ordinaria e straordinaria, di diritto bancario e di diritto fallimentare;
  • Diritto tributario d’impresa;
  • Diritto amministrativo - regola le attività di perseguimento degli interessi pubblici della pubblica amministrazione e i rapporti tra questa e i cittadini.
Caratteristiche  
L'Avvocato d'Affari affianca ad una visione generale delle problematiche di natura legale una conoscenza più approfondita del settore del diritto societario e della contrattualistica nazionale ed internazionale, con una particolare attenzione alle tematiche di natura stragiudiziale e di negoziazione della contrattualistica societaria.
Tra le competenze trasversali indispensabili per questo profilo rientrano sicurezza e forte personalità, capacità a relazionarsi con gli altri, capacità organizzative, conoscenze di finanza aziendale e gestione delle risorse umane.